La Cina si "prende" il Medio Oriente: perché l'accordo tra Iran e Arabia Saudita é fondamentale

Il mondo unipolare a guida americana si sta sgretolando sotto gli occhi degli stessi Stati Uniti che, impotenti, si stanno rendendo conto che la loro presa a livello globale sta subendo un colpo dietro l’altro che gli pregiudica di fatto la loro dominanza a livello globale. E così ha lasciato alla Cina del nuovo corso di Xi Jinping il compito di “prendersi” il Medio Oriente non con la forza, nemmeno con la prevaricazione o l’uso del soft power, bensì con il dialogo e la cooperazione diplomatica.
Pechino differisce dagli Stati Uniti in termini di efficienza delle proprie istituzioni e di equilibrio nel proteggere i propri investimenti promuovendo al contempo quel dialogo che, nel contesto turbolento e macchiato da conflitti quale quello mediorientale, non solo serve ma appare ineluttabile nella configurazione del mondo sempre meno guidato dalla sfera Occidentale e più spinto verso il multilateralismo.
Iran e Arabia Saudita hanno recentemente concluso un accordo diplomatico di estrema importanza sebbene esso non sia stato costantemente nei principali media statunitensi (e, in generale, Occientali) perlopiù occupati a discutere di altro. Grazie alla mediazione cinese, diplomaticamente eccezionale, sia Teheran che Riyad hanno concluso un primo gran passo che punta alla riappacificazione di una delle aree più turbolente, ma ricche di materie prime del pianeta promettendosi a vicenda la riapertura delle ambasciate e favorendo accordi economici (in special modo petroliferi) e riguardanti la sicurezza (concordando di attivare un accordo di sicrezza firmato nel 2001). Ci sono voluti in effetti sette anni e diversi attori intermedi (prima della Cina hanno svolto un ruolo negoziale sia Oman che Iraq) per riavvicinare due potenze estremamente diverse per storia e credo religioso.
L’Arabia Saudita, patria del wahhabismo (movimento nato nella Pensiola Arabica come costola del sunnismo), e l’Iran dello sciismo, sono i due rivali che si contendono il dominio geopolitico dell’area. Tali differenze si sono acuite molto negli ultimi anni e in vari scenari di guerra i quali hanno visto entrambe le fazioni una opposta all’altra. Specialmente in Yemen, dove Teheran ha supportato fin dal 2015, anno di inizio della guerra civile yemenita, la fazione dei cosiddetti ribelli Houthi, sciiti come gli iraniani, collocati principalmente nel Governatorato di Sa’na. Sauditi e iraniani hanno lottato in una gurra per procura cercando di provocare maggiori danni all’avversario, perlopiù economici, tutto questo fino ai recenti sviluppi che hanno portato a un minimo di stabilità. Con un tale accordo Riyad spera che Teheran impedisca ai ribelli sciiti di avviare nuovi attacchi con drone e missilistici nei territori del Regno e al contempo favorisca il dialogo.
Geopolitica di Xi
L’accordo tra iraniani e sauditi è il più grande capolavoro diplomatico della Cina al netto di considerare il recente ‘piano cinese’ per l’Ucraina come un tentativo lodevole per garantire una pace nello scenario che vede opposta NATO e Federazione Russia. Conferma la statura diplomatica dell’amministrazione Xi Jinping, di recente confermata dall’Assemblea del Popolo, che nel Medio Oriente vede una grande opportunità di estendere i propri investimenti e la ramificazione del proprio apparato industriale nel segno della Belt And Road Inizative, piano di sviluppo strategico cinese iniziato nel 2013 (e da concludersi entro il 2049) e che vede il Medio Oriente come il crocevia essenziale per il passaggio delle merci e per i collegamenti commerciali atti ad unire l’Eurasia.
La spinta diplomatica di Pechino nel concludere un accordo di pacificazione tra i due colossi della regione , basato sulla non ingerenza degli affari interni, è inoltre indispensabile nel definire la fine della presenza americana che dal 2001 in poi era di stanza in maniera dominante. Pechino non sostituisce Washington, bensì evita di ricorrere all’armamentario della retorica democratica e liberale di quest’ultimo per i propri fini e soprattutto finalizza accordi senza vincoli o basati sul mutuo rispetto. Cerca di ottenere vantaggi in una regione che, almeno da un secolo, è stata condizionata pesantemente dalle manovre dell’Occidente.